Cefalù. Operazione Spiagge libere. Sistema corruttivo gestito da imprenditori e funzionari per apertura lidi e stabilimenti balneari

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Emergono nuovi particolari sull’inchiesta denominata “SPIAGGE LIBERE” che si è concretizzata, nelle prime ore della mattina odierna.

Sono finiti agli arresti domiciliari un alto Dirigente dell’Assessorato Territorio e Ambiente e un noto imprenditore cefaludese nel settore turistico-balneare. Divieto di dimora a carico di un altro funzionario del medesimo assessorato e del Presidente dell’Associazione Operatori Balneari di Cefalù.

L’indagine del Commissariato di Cefalù trae origine dal sequestro preventivo per presunti abusi e violazioni della concessione demaniale operato dagli agenti del Commissariato di Cefalù, diretto da Manfredi Borsellino, il 7 aprile dell’anno passato, dello stabilimento balneare “Poseidon”, il più esteso e noto lido balneare della spiaggia cefaludese, riconducibile a Cimino (lido tutt’oggi sotto sequestro).

Da quella data avrebbe avuto inizio un’attività frenetica volta a “sanare” o “regolarizzare” ogni presunto abuso che aveva comportato quel sequestro da parte dell’architetto Di Franco, allora Responsabile del Settore Demanio Marittimo di Palermo e Provincia, collaborato dal funzionario istruttore delle pratiche riguardanti il territorio di Cefalù Salvatore Labruzzo, attività che si sarebbe spinta, persino – secondo quanto emerso da alcune intercettazioni telefoniche – a concordare con i legali di Cimino la linea difensiva da adottare, contribuendo alla stesura delle relative richieste di dissequestro.

Il “prezzo” di questi primi “sforzi” profusi da Di Franco in favore dell’imprenditore cefaludese sarebbe stato da subito rappresentato dall’assunzione del figlio in una società del gruppo Cimino. Prima che il figlio fosse poi effettivamente assunto – come certificato dalle indagini – presso una società dei Cimino, conversando con la moglie le diceva che ci avrebbero pensato loro a metterlo a posto e che, dopo, si sarebbero occupati anche dell’altra figlia per farle “fare l’estate”. Anche la figlia sarebbe stata effettivamente poi assunta ma dal titolare di un lido palermitano visto che era priva di macchina.

In altre colloqui intercorsi tra Di Franco e Bartolomeo Vitale, “braccio destro” di Cimino e Presidente dell’Associazione Operatori Balneari di Cefalù, l’alto funzionario regionale rivelerebbe notizie coperte dal segreto d’ufficio relative ad un sopralluogo che il suo ufficio avrebbe dovuto effettuare in un noto locale sul Lungomare della cittadina normanna gestito direttamente dal Cimino, sopralluogo che sarebbe stato omesso deliberatamente.

La condotta di Di Franco si articolerebbe secondo una progressione criminosa che si sostanzierebbe nel compimento di una serie di atti e omissioni indebite consequenziali, volte al fine esclusivo di tutelare gli interessi economici dell’imprenditore Cimino, a dimostrazione di un totale asservimento della “funzione” al soddisfacimento di scopi del tutto estranei a quelli della pubblica amministrazione.

Quella di fare ottenere a Cimino il dissequestro dello stabilimento Poseidon sarebbe diventata in particolare quasi una ossessione dell’allora Responsabile degli Uffici del Demanio Marittimo di Palermo, tanto da redigere atti e provvedimenti che avrebbero attestato l’assenza di vizi o carenze che potevano impedire oppure ostacolare il libero esercizio dello stabilimento balneare, quasi che a violare leggi e regolamenti sarebbero stati il Commissariato di Cefalù o la stessa autorità giudiziaria di Termini Imerese che aveva disposto il sequestro dello stabilimento piuttosto che il concessionario/gestore dello stabilimento.

Avrebbero beneficiato dei favori di Di Franco anche i congiunti più stretti di Cimino. Un’autorizzazione demaniale in favore di un lido gestito formalmente dalla moglie di Cimino sarebbe arrivata, infatti, in tempi record, pochissimi giorni dopo la relativa istanza, recando quale figura responsabile del procedimento il funzionario Salvatore Labruzzo, ovviamente pure lui “ricompensato” con l’assunzione di un suo congiunto in una delle aziende del Cimino.

Mentre i due funzionari non sapevano come adoperarsi per soddisfare in tempo reale ogni richiesta dell’imprenditore cefaludese, tanti esercenti di lidi balneari (di Cefalù ma anche della provincia palermitana) attendevano mesi, se non anni, per il rinnovo di una concessione o, più semplicemente, per ottenere il sub-ingresso in un’altra. Le denunce di uno di essi, raccolte dal Dirigente del Commissaraito Manfredi Borsellino, avrebbero contribuito non poco a “scoperchiare” il sistema di corruttela in cui avrebbe avuto – scrive il GIP – un ruolo incontrastato Di Franco.

Il senso di onnipotenza dell’architetto Di Franco, convintosi oramai di poter disporre della costa e delle spiagge palermitane a proprio piacimento, lo avrebbe portato ad atteggiarsi, sono sempre parole del GIP di Termini Imerese, a vero “rais del demanio marittimo”, godendo di privilegi, favori, prebende e laute regalie da tutti quegli imprenditori del settore turistico e balneare che beneficiavano dei suoi “benevoli” provvedimenti.”

Dalle intercettazioni delle conversazioni intercorse con i suoi familiari emergerebbe invece che Di Franco frequentava liberamente taluni stabilimenti ottenendo trattamenti da vip per sé, i suoi parenti e gli affini, e atteggiandosi, appunto, a “capo del demanio”, come sarebbe stato significativamente definito al telefono da un gestore di un lido balneare.

Dalle indagini del Commissariato coordinate dal Sost. Proc. di Termini Imerese Giacomo Brandini, emergerebbe infine il ruolo dominante che avrebbe assunto negli anni nel settore turistico alberghiero di Cefalù e del comprensorio madonita l’imprenditore Giovanni CIMINO, classe ’71,  proprietario o gestore, diretto e di fatto, della maggior parte delle strutture balneari operanti sulla famosa spiaggia di Cefalù (ma anche su altre spiagge del circondario). Si calcola in proposito che l’80% dei lidi e degli stabilimenti che operano sulla spiaggia cefaludese siano sotto il suo controllo.

Cimino, oggi, in sostanza, potrebbe a ragione reputarsi il “padrone quasi per intero” – come bene scrive il GIP nella sua ordinanza – di uno dei tratti di costa più belli, conosciuti e suggestivi del litorale palermitano; agli altri operatori balneari, grazie anche alla compiacenza dei funzionari del demanio corrotti, sarebbero rimaste in questi anni soltanto le “briciole”. Una spiaggia che sarebbe stata gestita lungo tutti questi anni praticamente in regime di monopolio da un imprenditore e dai suoi più stretti congiunti senza incontrare alcun ostacolo da parte degli uffici dell’Assessorato regionale al Territorio deputati al rilascio delle concessioni demaniali marittime.

L’imprenditore cefaludese oggi agli arresti domiciliari, sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti e forse percependo la loro pressione, avrebbe consolidato i rapporti con i funzionari infedeli dell’Assessorato al Territorio e Ambiente tramite il suo consulente e fedele collaboratore, Bartolomeo Vitale, raggiunto dalla misura del divieto di dimora a Cefalù, il quale avrebbe assunto la presidenza dell’ “Associazione Operatori Balneari di Cefalù” nella quale sarebbero confluite – si legge nell’ordinanza del GIP – tutte le società che gestiscono gli stabilimenti balneari sotto il controllo di Cimino e dei suoi più stretti familiari. Questa associazione avrebbe pure tentato durante la scorsa stagione estiva di ottenere l’assegnazione breve (o temporanea) dei pochissimi tratti di spiaggia libera rimasti del lungomare cefaludese antistanti o limitrofi i lidi riconducibili a Cimino, in fiminouna sedicente manifestazione, denominata “Mare Luna”, che avrebbe consentito al Gruppo Cimino il conseguimento di ulteriori profitti. L’operazione però, malgrado il puntuale interessamento di Di Franco e del suo fido collaboratore Labruzzo, non sarebbe andata del tutto a buon fine perché una parallela indagine del Commissariato della cittadina normanna, sempre coordinata dalla Procura della Repubblica di Termini Imerese diretta da Alfredo Morvillo, avrebbe indotto lo scorso mese di agosto il Direttore Generale del Dipartimento Ambiente a bloccare tutto.  

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