Accorpamento dei piccoli Comuni: continuano le proteste

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Continuano le proteste per evitare gli accorpamenti forzati dei Comuni con meno di cinque mila residenti che interessa quasi tutti i centri del comprensorio, in particolare quelli madoniti.

Dopo la modifica delle funzioni amministrative prevista dalla Legge Del Rio del 7aprile 2014 che elimina l’autonomia comunale e cittadina, cresce il rischio di venire cancellati. Si tratta di enti locali autonomi, come reclama, con Leoluca Orlando, l’ANCI, associazione nazionale comuni italiani, contro il governo, nonché l’ANPCI, per i piccoli comuni, citando la costituzione che invita al referendum, quindi alla decisione popolare per eventuali unioni spontanee.Una proposta di legge del Partito Democratico (legge 3420 deputato Lodolini) vuole investire in opere pubbliche e servizi e  limitare in Europa la revisione della spesa e i debiti, con risparmio sulla spesa della pubblica amministrazione locale e garantire la qualità dei servizi non solo con limiti legislativi ma favorendo le gestioni associate dei servizi tra enti diversi. Si risparmierebbe, con la revisione della spesa, fino a 2.5 milioni di euro di indennità dei sindaci ma a scapito della perdita di autonomia. Come sostengono coloro che sono contro l’accorpamento per garantire unioni e convenzioni volontarie per la fusione dei comuni basta aumentare l’efficienza dei servizi con gestioni associate che salvano l’identità, anche storica, di ognuno di loro. Esempi di comune unico si sono avuti a Rimini, Pavia e Trento, ma la forma obbligatoria rimane poco funzionale verso una comunità storica che ha i propri confini e istituzioni e che è sede di democrazia e di rappresentanza. La mancata unione porterebbe comunque al taglio dei trasferimenti erariali alle regioni e alla perdita dei benefici previsti dalla legge per l’unione, mentre la legge di stabilità 2016 raddoppia i contributi per  le unioni. In Italia i comuni con meno di 5 mila abitanti sono il 70% contro il 95% della Francia, mentre in Germania dagli anni 70 solo pochi comuni si sono uniti, ma in cambio di vantaggi finanziari. Il mantenimento dell’autonomia ce lo insegna la storia: nel 1860 Carlo Farini  avanzò la proposta – fallita – di unire i municipi con meno di mille residenti e l’istituzione delle regioni in consorzi provinciali, mentre Francesco Crispi nel 1887 per evitare l’isolamento concedeva ai comuni la scelta di unirsi in consorzi, così come Mussolini, ma dopo la Liberazione si tornò all’assetto autonomo, come sarebbe ancora conveniente per gran parte dei comuni del nostro comprensorio.

Maria Rosaria Sinatra